Sono rimasto profondamente colpito dal videomessaggio di benvenuto che la regina Elisabetta II ha inviato ai numerosi leader mondiali riuniti a Glasgow dal 31 di Ottobre 2021 per la Climate Change Conference promossa dalle Nazioni Unite.
In un passaggio del suo discorso la sovrana dice:
“For more than 70 years, I have been lucky to meet and to know many of the world’s great leaders. And I have perhaps come to understand a little about what made them special.
It has sometime been observed that what leaders do for their people today is government and politics. But what they do for the people of tomorrow, that is statesmanship”
Mi sono chiesto: che differenza c’è per un leader dedicarsi a governo e politica o invece essere uno statista?
È quello che quest’ultimo fa “per le persone di domani” come dice la Regina d’Inghilterra?
È quindi la sua visione, la prospettiva a cui tende lo sguardo, l’orizzonte che indica ai suoi collaboratori e che riesce a ispirare in chi ha attorno?
È l’arte di governare che avvolge la sua persona e dà vita alle sue azioni?
Forse il punto sta proprio qui: lasciarsi impregnare dall’arte di governare.
I veri leader, alla fine, di speciale hanno questo: sono artisti del governare.
Questa idea di leadership che va oltre la figura del leader di governo, credo sia assolutamente alla base di ogni tipo di leadership.
Mi è tornata alla mente l’introduzione al libro sullo sviluppo della leadership che sto scrivendo:
Il mio sguardo è più rivolto verso un orizzonte dove la leadership è un’arte… pratica.
Non tanto un’arte sottile, un po’ “subdola” e convincente o un’arte di impatto, troppo esplicita e diretta.
Più un’arte di artigiano, di artista rinascimentale, di qualcuno che ha a che fare prima di tutto con sé stesso, con quello che gli viene chiesto, con la domanda, le aspettative a cui deve rispondere. Poi con la responsabilità e la realtà che tale risposta va ad affrontare e impattare. Ed infine con le relazioni, con gli altri: il gruppo, il team, la comunità, l’organizzazione… a cui l’artista-artigiano appartiene e alla quale risponde.
Quindi i leader sono in fondo tutti artisti?
Certamente i buoni leader sì, sono anche un po’ artisti.
Persone capaci di lasciarsi attraversare dallo spirito creativo che ciascuno ha ricevuto in dono sin dalla nascita e che ci sostiene nel rimanere in modo originale nel flusso del nostro presente.
Artigiani di relazioni, tessitori di realtà condivise, pittori di orizzonti che sanno dosare energie e risorse, conoscenze e esperienza, immaginazione e praticità.
Winston Churchill amava dipingere.
Nel suo “Painting as a Pastime” sostiene che ci sono diverse affinità tra affrontare una battaglia e dipingere un quadro.
Il pittore è di fronte alla sua tela spesso come chi deve affrontare una discussione lunga, intrecciata e in continua evoluzione.
C’è uno schema d’azione che, sebbene composto da poche o numerose parti, è guidato da un’unità d’intenti.
“It must require an intellect on the grand scale”. Diremmo oggi, si deve essere capaci di immaginare (nel senso creativo) la “big picture”.
E cioè “There must be that all-embracing view which presents the beginning and the end, the whole and each part, as one instantaneous impression retentively and untiringly held in the mind”.
Che potremmo sintetizzare nell’avere quella capacità di tenere costantemente e vivamente a mente il passato e il futuro, il particolare e il generale rimanendo ben ancorati all’agire nel presente.
Per chi ha ruoli di leadership, accogliere in sé la forza della creatività per nutrire quel “intellect on the grand scale” è la chiave di accesso alla scoperta di quanto possa essere speciale il loro modo di essere leader.
Aiutare chi è chiamato ad esser leader ad avere la chiave nelle proprie mani è lo scopo di un buon percorso di sviluppo della leadership.